Una antica leggenda narra che al largo della costa di Chioggia, sommersi tra le acque dell’Adriatico, si trovino i resti dell’antica “Chiozza”. Una sorta di Atlantide dell’Adriatico di cui antichi campanili e massicce mura trattenevano le reti a strascico dei pescatori danneggiandole seriamente. Da qui il termine dialettale di “tegnùe” utilizzato con il significato di “trattenute” proprio per indicare questa vasta zona dove a trattenere le reti sono, in realtà, fondali rocciosi dal fascino indescrivibile.
Le Tegnùe sono rocce organogene carbonatiche, cioè costruite da gli organismi marini, generalmente sovrimposte a substrati duri precedenti formatisi per il consolidamento di sabbie.
Si tratta in pratica di veri e propri “reef” naturali, sviluppatesi negli ultimi 3-4.000 anni; differiscono da quelli tropicali perché i principali organismi costruttori qui non sono i coralli ma le alghe rosse calcaree, chiamate “Corallinacee”. Vengono spesso chiamate ‘le barriere coralline adriatiche’.
La presenza di queste “scogliere sommerse” era, in realtà, già nota nel 1700, al tempo dell’abate Giuseppe Olivi (il naturalista chioggiotto che per primo le descrisse). Tali strutture sono distribuite principalmente di fronte alle coste del Nord Adriatico, ma è proprio davanti al litorale della città di Chioggia che si trova il complesso di Tegnùe più ampio e importante, in cui sono presenti i raggruppamenti più grandi fino ad ora rinvenuti.
I subacquei che s’immergono per visitare le Tegnùe restano sorpresi per l’enorme biodiversità presente, caratterizzata da organismi animali e vegetali sessili (non in grado di spostarsi) e incrostanti, appariscenti per forme e colori, quali, ad esempio, spugne, anemoni, ascidie coloniali, e di numerose specie di pesci.
Il 5 agosto 2002 l’area fu dichiarata “Zona di Tutela Biologica” (ZTB) e nel 2011 è stata proposta come Sito di Importanza Comunitaria.
Le Tegnùe restano ad oggi un ambiente unico e peculiare del Mare Adriatico Settentrionale, ma ancora molto poco noto. Ciò che il Comune di Chioggia si ripropone di fare attraverso tutti i canali a disposizione è far conoscere il più possibile tale mondo sommerso. Solo con un’adeguata divulgazione ed educazione alla tutela e al rispetto di tale area sarà possibile garantire la salvaguardia e il mantenimento nel tempo di un ambiente così unico e raro.